Donne e Gonzaga: Agnese Visconti

Francesco I Gonzaga, capitano del popolo e in sostanza signore di Mantova dal 1382 al 1407, ebbe ben tre mogli: Agnese Visconti, sposata nel 1380 e decapitata per adulterio nel 1391; dal 1393 Margherita Malatesta, morta il 20 febbraio 1399; infine, Anna Visconti, la quale, sposata nel 1404, gli sopravvisse. I matrimoni dell’epoca, specie tra famiglie nobili, erano principalmente patti di alleanza, che si facevano e disfacevano per ragioni politiche. E a farne le spese erano spesso le donne, sovente semplici pedine sacrificabili.

Così fu per Agnese Visconti, nata nel 1363, giunta a Mantova in moglie a Francesco I tra sontuosi festeggiamenti. Suo padre, Bernabò Visconti, fu ucciso nel 1385 da Gian Galeazzo Visconti, il “conte di Virtù”, uomo di eccezionali ambizioni e fame, contro il quale si costituì ampia lega di signori italiani, che intendevano arginarne l’espansione militare. Ci sono diverse versioni sul vero perché Agnese sia stata giustiziata, ragioni che implicano il mutare o la fedeltà nelle alleanze del Gonzaga, ma la ragione ufficiale fu l’adulterio, per il quale le pene erano severissime. Sembra che Agnese avesse una relazione clandestina con tale Vincenzo da Scandiano.

Francesco Gonzaga fece immediatamente istituire un processo e lì fu riferito da un teste: “Quod aliquibus vicibus osculatus est eam, et in camera sua Lanzaloti, et in camera a cimeriis, prope camera imperatorum, ubi cubabat cum domino”. Che possiamo tradurre: “In alcune occasioni la baciò, nella sua camera di Lancillotto e nella camera dei Cimieri, vicino alla camera degli Imperatori, dove lei usava giacere col signore”.

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Già almeno dal 1380 esisteva una distinzione tra appartamenti maschili e femminili e dal documento sopra citato si deduce che Agnese abitava una camera Lanzaloti, cioè una stanza decorata con imprese di Lancillotto o almeno raffigurante quell’eroe, e una camera dei Cimieri, evidentemente con decorazioni di carattere araldico. Quest’ultima era prossima alla camera degli Imperatori, che esiste ancora: la identificai alcuni anni fa nel lungo corridoio posto sopra il portico del Palazzo del Capitano. Questo corridoio un tempo era in realtà una sequenza di stanze e infatti è scandito da decorazioni diverse l’una dall’altra, ciascuna corrispondente a un distinto ambiente. In occasione di lavori settecenteschi, fu creato un solaio per dividere le stanze su due piani e proprio in corrispondenza del solaio rimane l’unica traccia di una decorazione che dovette essere splendida, di altissima qualità, e nella quale vediamo oggi solo una serie di mani di figure diverse, ma ciascuna con un globo o uno scettro, entrambi simboli del comando e attributi imperiali. Se la camera degli Imperatori coincide (come credo) con quell’ambiente, documentato sin dal 1354 ed evidentemente destinato al Gonzaga dominante, le camere abitate da Agnese dovevano essere immediatamente limitrofe. Come Paolo e Francesca furono indotti in colpa leggendo le imprese di Lancillotto, nell’Inferno di Dante (“Galeotto fu ‘l libro e chi lo scrisse”), così Agnese tradì suo marito in una stanza che rappresentava Lancillotto, figura che incarnava l’essenza dell’adulterio finito in tragedia. Tragica combinazione o costruzione “letteraria” ex post? Poco importa.

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Colpevole d’adulterio o semplicemente vittima di macchinazioni politiche, Agnese fu decapitata il 7 febbraio 1397. Il suo “drudo”, Vincenzo da Scandiano, fu invece strangolato e i loro corpi furono sepolti assieme. Una lapide li ricorda in piazza Pallone. (SL)

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