San valentino a Palazzo Ducale

Venite venerdì 14 febbraio 2025 a passeggiare a Palazzo Ducale con la Vostra dolce metà: potrete seguire uno speciale percorso dedicato ad alcune delle storie d'amore raccontate negli affreschi e nelle opere d'arte del museo

Cercate nelle sale il nostro simbolo S_Val_3.jpg  troverete le sei stazioni con i racconti:
condividete con noi sui social quale storia vi ha fatto battere il cuore!

 

1. Castello di San Giorgio, CAMERA DEGLI SPOSI

La Camera Picta è chiamata comunemente Camera degli Sposi.

Capolavoro assoluto del Rinascimento, fu dipinta tra il 1465 e il 1474 da Andrea Mantegna, è nota per la straordinaria concezione decorativa che coinvolge l’intero ambiente. I personaggi dipinti quasi a grandezza naturale, animano le pareti, muovendosi al di là di un tendaggio come su di un palcoscenico. Sulla parete nord è rappresentata tutta la corte di Mantova in un momento piuttosto informale della mattina del 1 gennaio 1462, colta nell’attimo in cui la quotidianità è interrotta da un messaggero che consegna una lettera a Ludovico, affiancato dalla moglie Barbara di Brandeburgo: a loro due la stanza è dedicata e per questo è nota come Camera degli Sposi.

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2. Corte Nuova, Camera delle Teste, SELENE E ENDIMIONE

Il mito di Selene e Endimione è una delle storie d'amore più poetiche della mitologia greca. Selene, dea della luna, attraversava il cielo ogni notte su una carrozza trainata da due cavalli bianchi. Endimione, invece, era un giovane pastore noto per la sua straordinaria bellezza. La leggenda narra che Selene, vedendo Endimione mentre dormiva, se ne innamorò follemente. Selene pregò quindi Zeus di far sprofondare in un sonno eterno l’amato pastore per conservarne per sempre la bellezza; ogni notte Selene scendeva dal cielo con il suo carro per fare visita al giovane che dormiva in una grotta, come si vede in questo rilievo.

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3. Corte Nuova, Galleria delle Metamorfosi, TESEO E ARIANNA

Tra le numerosissime storie d’amore raccontate nella Metamorfosi e dipinte sulla volta di queste stanze, ve n’è una molto nota, quella di Teseo e Arianna. Teseo, eroe di Atene e figlio del re Egeo, decise di partire per Creta, con l'intento di uccidere il Minotauro mostro rinchiuso in un labirinto, al quale ogni anno la sua città doveva un tributo di vite umane. Quando Teseo arrivò a Creta, incontrò Arianna, la figlia del re Minosse, che si innamorò di lui.Arianna, desiderosa di aiutare Teseo, gli diede un filo rosso che, legato all'ingresso del labirinto, gli avrebbe permesso di ritrovare la strada per uscire una volta ucciso il mostro. Teseo, armato della spada che Arianna gli aveva dato, riuscì a sconfiggere il Minotauro, a ritrovare la via di fuga dal labirinto grazie al filo. Tuttavia, dopo aver compiuto la sua impresa, Teseo abbandonò Arianna sull'isola di Nasso mentre stava dormendo… da questo episodio deriva il modo di dire “piantare in asso”.

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4. Corte Vecchia, Sala di Amore e Psiche, AMORE E PSICHE

Non solo drammi, quella di Amore e Pische, raccontata in questo ciclo di tele, è una storia, che dopo varie vicissitudini, ha un lieto fine! Psiche è una giovane di tale bellezza da suscitare l'invidia di Venere, che le invia suo figlio Amore (Cupido) per farla innamorare di un mostro. Tuttavia, quando Amore vede Psiche, è lui a innamorarsene perdutamente. Amore porta Psiche in un palazzo incantato dove vive con lei, ma le impone di non cercare mai di vederlo alla luce. Nonostante l'amore che prova per lui, Psiche, mossa dalla curiosità, infrange il divieto e guarda Amore mentre dorme. Scoperto, Amore fugge via, lasciando Psiche in uno stato di disperazione. Psiche intraprende quindi un lungo viaggio per ritrovare Amore, passando attraverso difficili prove imposte da Venere, che la giovane riesce a superare, guadagnandosi il favore degli dei. Al termine della storia, Giove concede a Psiche l’immortalità, permettendo ai due innamorati di vivere per sempre assieme. La tela nel dettaglio raffigura il Matrimonio tra Amore e Psiche, il loro lieto fine!

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5. Museo Archeologico Nazionale, AMANTI DI MANTOVA

Sono trascorsi circa 5300 anni dal giorno in cui due giovani, un ragazzo e una ragazza, sono stati sepolti insieme vicino al loro villaggio, che si trovava dove oggi si colloca il quartiere di Valdaro. Sappiamo poco di chi fossero, se non che avevano circa vent’anni e che sono morti lo stesso giorno, o a breve distanza una dall’altro, forse a causa di una malattia. Non sappiamo se fossero davvero due innamorati, come al pubblico piace pensare dal giorno del loro ritrovamento, oppure piuttosto fratello e sorella. Non sappiamo nemmeno perché chi li ha sepolti abbia deciso che dovessero affrontare insieme l’ultimo viaggio, uno di fronte all’altra, con un corredo di strumenti in selce ad accompagnarli. Quel che è certo è che, nonostante i millenni che ci separano, questi due giovani sono in grado di suscitare in noi emozioni senza tempo, simboli di un amore che, come recita il Cantico dei Cantici, è “forte come la morte”.

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6. Museo Archeologico Nazionale, ACHILLE E PENTESILEA 

Si ritiene che sia stato Arctino di Mileto, nell’VIII sec. a.C., il primo a raccontare la tragica storia d’amore tra l’eroe greco Achille e l’amazzone Pentesilea. Achille era figlio della ninfa marina Teti e di Peleo, re dei Mirmidoni. Da piccolo la madre lo aveva immerso nelle acque del fiume Stige per renderlo invincibile, tenendolo sospeso per un tallone, quel tallone che divenne così l’unico punto debole dell’eroe. Nel decimo anno di assedio alla città di Troia, Achille uccise il principe Ettore per vendicare la morte dell’amico Patroclo. La guerra tuttavia proseguì e nuovi alleati accorsero in aiuto della città. Tra questi vi era Pentesilea, figlia del dio della guerra Ares e regina delle Amazzoni, un popolo di donne guerriere. Pentesilea affrontò Achille sotto le mura di Troia, coperta dalla sua splendida armatura. La battaglia fu terribile, ma presto la regina dovette soccombere, colpita al petto dalla lancia dell’eroe Fu proprio in quel momento che Achille, reggendo tra le braccia il corpo di Pentesilea morente, vide il suo bellissimo volto e se ne innamorò perdutamente, ma era ormai troppo tardi. Questo attimo di grande intensità fu un tema molto amato dagli antichi Greci e Romani, rappresentato su vasi e immortalato in opere d’arte. L’applique conservata al Museo Archeologico Nazionale si data tra I e II sec. d.C. ed è stata ritrovata nel 1985 a Casaloldo (MN). Trova confronto in un esemplare analogo proveniente da una villa romana di S. Ilario d’Enza (RE).

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