Mantuan Graffiti

Oggi imbrattare con il proprio nome un’opera d’arte non è altro che un gesto vandalico. Lo era anche un tempo: i nostri edifici storici sono pieni di graffiti e scritte vergate da soldati o da gente annoiata che non sapeva come passare il tempo, magari anche con il proposito esplicito di sfregiare l’opera. Tuttavia le scritte molto antiche possono avere anche un interesse storico: alcuni graffiti hanno persino permesso di stabilire la datazione dell’opera o almeno chiarire entro quando fu realizzata.

Nel nostro Palazzo Ducale abbiamo moltissime scritte antiche, mai sinora analizzate o studiate in maniera sistematica. Ce ne sono tante, graffite o a matita, e ce ne sono persino nella Camera degli Sposi, ma le più si concentrano nei luoghi dove stazionavano i soldati, i corpi di guardia. Numerosissime iscrizioni sono graffite nella Sala di Manto, ma le più antiche in assoluto sono all’ingresso del Castello di San Giorgio da piazza Castello. Sugli stipiti in cotto dell’accesso carraio, parzialmente oggetto di restauri ai primi del Novecento, troviamo infatti l’iscrizione in minuscola gotica: «1414 adì p° setenbre», cioè 1° settembre 1414. L’iscrizione non è firmata, ma di rara antichità, se consideriamo che il castello non fu costruito prima della fine del XIV secolo.

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Un tempo poi, quando il turismo non era massificato, aveva altri obiettivi e a viaggiare erano artisti ed eruditi, una scritta su un muro decorato poteva avere anche un diverso significato. Questo aspetto è stato studiato recentemente da Jérémie Koering: un artista che tracciava la propria firma su un’opera d’arte – di norma in posizione defilata – lo faceva per manifestare la sua “devozione” verso l’opera stessa. Anche di questa casistica abbiamo alcuni esempi e forse il più interessante è nella Galleria dei Mesi, decorata da Giulio Romano e dalla sua équipe.

Galleria dei Mesi CMPD MN web low2

In una nicchia dell’esedra meridionale troviamo un vero e proprio "giornale dei visitatori”, perlopiù ottocenteschi, ma anche una interessante scritta a matita rossa: «Ludovicus David Luganensis 1671». Si tratta del pittore ed erudito Ludovico Antonio David, un artista di Lugano che fu nel 1671 a Mantova per scrivere una storia, purtroppo perduta, sulla pittura lombarda; una storia che pare ribaltasse il canone toscano-centrico che il modello storiografico ci ha tramandato e che riconosceva la straordinaria importanza, nello sviluppo delle arti nazionali, delle scuole del nord Italia. La sua firma dimostra quindi l’apprezzamento, il rispetto per l’arte di Giulio Romano ed è curiosa conferma del viaggio di David, pittore barocco, tra le corti padane.

SL

firma Ludovicus David Luganensis 1671 nella Galleria dei Mesi m low

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