Donne e Gonzaga: Giulia Gonzaga

Il dipinto che vi mostriamo è un ritratto di Giulia Gonzaga, di norma esposto nella Galleria di Santa Barbara. Giulia nacque nel 1513 da Francesca Fieschi e da Ludovico Gonzaga, signore di Gazzuolo. La sua bellezza fu celebrata da molti grandi poeti, ispirati dalla sua immagine in carne ed ossa o dai suoi ritratti. Ludovico Ariosto, nell’Orlando furioso, recita: «Iulia Gonzaga, che dovunque il piede volge, e dovunque i sereni occhi gira, non pur ogni altra di beltà le cede, ma, come scesa dal ciel dea, l’ammira». Berni, Caro, Vittoria Colonna, Flaminio, Molza, Muzio, Bernardo Tasso e Tolomei si unirono al coro delle lodi esaltando il fascino della nobildonna che assurse così a topos di bellezza. I ritratti cinquecenteschi di Giulia sono infatti numerosi ed ebbero amplissima diffusione prima ancora che si venisse a consolidare la moda di costituire “gallerie di ritratti di belle donne”, come ne ebbero tanto i Gonzaga quanto i Medici.

Il nostro dipinto presenta in basso dei distici in latino «QVE DISIVNCTAS VTROQVE AB LITTORE GENTES | FACTA NECES EQVORA CVRRIS ATVLIS | PVLCHRI INHIANS ALIQVID FINEM IAM PONE LABORI | TE CONSPECTA SEMEL PARVA TABELLA BEAT», che si possono tradurre in «O tu che aneli ad alcunché di bello fra le genti separate dell’uno e l’altro lido, fra le gesta e le stragi correndo i mari fino agli estremi confini del mondo, poni ormai fine alle tue fatiche: la piccola tavola, guardata anche una sola volta, ti renderà beato». Secondo alcuni studiosi, i versi posti alla base del quadro alludono al possibile tentativo (nel 1534) da parte di Khair ad-dīn, detto Barbarossa, di rapire la donna, che allora viveva a Fondi (nel Lazio), per farne “dono” al sultano Solimano I il Magnifico, «che la desiderava per la gran fama della sua bellezza», come ci raccontano antiche cronache. I versi alla base del nostro dipinto sembrano proprio alludere a quel leggendario tentativo di rapimento: come se il quadro invitasse il sultano a rassegnarsi e ad ammirare Giulia solo indirettamente, tramite un dipinto.

Il dipinto reca anche una firma «[SEB]ASTI[A]NUS / [F]ACIEBAT», che però la maggior parte degli studiosi ritiene fasulla. Sebastiano del Piombo – di lui si tratterebbe – fu un grande artista veneziano, a lungo attivo a Roma. Egli più volte ritrasse la Gonzaga, a partire dal 1532 e almeno fino al 1547. D’altronde, la fortuna dei ritratti di Giulia è assolutamente incredibile: nel 1547 Caterina de’ Medici, regina di Francia, chiedeva una replica del dipinto e un dipinto di Sebastiano dovette in ogni caso giungere al re Francesco I in Francia, come ci racconta Vasari.

Tornando a Solimano I, è noto che ebbe un harem straordinariamente ricco e che in esso trovò sua moglie: una schiava che, si narra, era stata rapita appena quindicenne. Hürrem Sultan, nata nel Regno di Polonia e nota in Europa come Roxelana, fu la prima schiava a diventare moglie di un sultano e a Solimano I diede sei figli, uno dei quali, Selim, avrebbe in seguito governato. Anche la bellezza di questa donna fu celebrata in pittura, da Tiziano, evidentemente più volte chiamato a ritrarre il fascino femminile: intorno al 1534, infatti, aveva già fissato su tela i tratti della nostra Giulia Gonzaga. (SL)

Giulia Gonzaga 02

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